Che VALTUR fosse in difficoltà lo sapevano tutti. Che lo fosse così tanto lo sapevano in parecchi. Che, però, queste difficoltà dovessero erompere proprio alla vigilia dei due più importanti eventi fieristici autunnali non se lo aspettava nessuno. Tranne, ovviamente, chi ha voluto fare lo sgambetto alla famiglia Patti...

Poco prima dell’edizione di settembre di NoFrills viene pubblicato, da un noto settimanale, un reportage sulle attività del gruppo VALTUR che, a detta dell’articolista, sarebbero da considerare troppo vicine agli interessi di alcuni notabili della criminalità mafiosa siciliana. Si parla senza mezzi termini di denaro “lavato”, di interessi dubbi da parte di personaggi altrettanto dubbi. La proprietà dell'azienda smentisce con un comunicato stampa la sera stessa e, da parte del settimanale, non vi è alcuna replica alle accuse di strumentalizzazione dei fatti mosse proprio dai Patti.   

Il primo giorno di attività del TTG Incontri che si è concluso sabato viene movimentato da un comunicato, poi ripreso dai principali quotidiani, con il quale si da conto del pesante debito dell’operatore/albergatore e si anticipano le possibili strade per la soluzione della vicenda: il fallimento o l’avvento di nuovo capitale. E si fa strada, immediatamente, il nome di InvItalia, fondo facente capo al Governo destinato al soccorso ed alla “rimessa in carreggiata” delle imprese in difficoltà e già pronto, dossier alla mano, a valutare la faccenda.

La notizia mette in agitazione i visitatori di un salone che, di scosse, non ne garantiva nessuna, soprattutto considerando l’assoluta assenza di novità e la propensione alle lacrime di quasi tutti gli operatori presenti.  L’unico stand dove si manteneva la calma era – strano a dirsi – proprio quello di VALTUROnore al merito degli uomini di punta dell’operatore, la prima preoccupazione è stata quella di sincerarsi che la notizia non avesse messo in allarme i vettori ai quali ogni settimana vengono affidati i viaggiatori: preso atto che nulla sarebbe successo e che le vacanze programmate da tanti italiani, e non, nelle strutture del gruppo non avrebbero subìto intoppi, la vita nello stand è proseguita senza (apparenti) patemi d’animo. Esattamente come doveva essere vissuta.

Infatti, su questa vicenda pesano un sacco di dubbi e di elementi che poco convincono… Si ipotizza il fallimento, ma chi lascerebbe oggi fallire una società gravata da un così pesante debito detenuto – innanzitutto – proprio da quelle banche che, nelle ultime settimane, sono sotto la lente d’ingrandimento delle società di rating, degli speculatori e della BCE? Chi lascerebbe che parecchie centinaia di lavoratori (in alta stagione arrivano a 3.700 circa…) si ritrovassero di punto in bianco ad alimentare le fila dei disoccupati? Chi vorrebbe abbandonare alla deriva un’azienda che aveva appena ottenuto (sulla carta…) circa 100 milioni di euro necessari alla costruzione di altre strutture proprio in quel sud del Paese così bisognoso di creare occupazione? Solo un cretino.

E chi ha deciso di scatenare l’offensiva contro VALTUR, organizzando con metodo le “uscite” della stampa, può essere tutto ma non certo cretino… Forse la famiglia Patti è scomoda, forse ha pestato qualche piede particolarmente delicato meritandosi una punizione, forse si è spinta a mescolare interessi troppo diversi perché fossero amalgamabili. Quindi la famiglia Patti lascerà.

Quasi certamente VALTUR cadrà proprio in InvItalia e il suo debito di 300 milioni di euro verrà pagato dallo stesso gruppo di finanziatori che, in precedenza, si era occupato di pagare il debito di Alitalia: i contribuenti italiani. La storia si ripete e si ripeterà sempre, statene certi.

L’unica cosa che ci possiamo augurare è che questa operazione – se s’ha da fare – si faccia in fretta e bene per evitare di dare ulteriori scosse ad un settore che ne ha già subite e sofferte troppe. C’è da augurarsi che la continuità operativa di VALTUR non debba interrompersi: sappiamo bene che certe notizie bloccano immediatamente l’afflusso di prenotazioni, con il conseguente arresto dei flussi di cassa necessari a pagare i fornitori e a dar da mangiare ai dipendenti.

E, proprio per quanto riguarda questi ultimi, ricordiamoci che negli ultimi anni sono già stati troppi i colleghi, tutti professionisti qualificati, che hanno pagato a caro prezzo sia l’inettitudine di alcuni “imprenditori” che, nei casi peggiori, i comportamenti disonesti di alcuni di loro. Non ci servono altri disoccupati ma, piuttosto, una politica più attenta ad un mercato difficile e in forte crisi.  E, magari, un altro Ministro per il Turismo. Ma non è ancora Natale, non corriamo troppo!