Quando, una dozzina d’anni fa, Alitalia avviò il processo di abbattimento delle commissioni riservate alle AdV, lo fece dicendosi costretta ad adottare sistemi forti per rafforzare la propria posizione sul mercato internazionale e poter competere alla pari con gli altri players. Questi ultimi la seguirono a ruota, facendo crollare l’economia della distribuzione e incidendo fortemente sull’occupazione del nostro comparto.
Fu una mossa intelligente? No. Da allora abbiamo contato i fallimenti e i cambi di livrea, segno che il problema non era nei costi della distribuzione ma nelle (scarse) capacità dei manager delle compagnie aeree di portare profitto, e quindi ben disposti a tagliare i costi.
Oggi Lufthansa ripropone uno scenario già visto e al quale nessuno crede più. Le decisioni – comunicate nello stesso giorno – dell’applicazione di una fee di 16,00 euro per ogni biglietto emesso tramite GDS e della riduzione delle commissioni alla distribuzione, sono state sostenute dalle solite frottole quali i “mutamenti strutturali e competitivi del mercato” e la necessità di “ottimizzare i costi” a tutto vantaggio dei servizi e dei passeggeri.
A mio parere, lo ripeto, sono solo un sacco di frottole date in pasto alla stampa per tentare di coprire una realtà ben più drammatica e che vede uno degli ex colossi dei cieli praticamente in mutande. Che la situazione di Lufthansa non fosse brillante era cosa da tempo risaputa, e questo tentativo di far cassa scaricando a valle – su agenzie e viaggiatori – i costi, ha il sapore del “…o la va, o la spacca…” o, come diceva mia madre, dell’ultimo tentativo di arrampicarsi sugli specchi.
Parlare di “recupero dei costi sui GDS” applicando una fee di 16,00 euro, è una giustificazione che non tiene soprattutto se consideriamo che la compagnia paga, per il booking, dai 2,00 ai 3,00 euro. Ma fosse anche vero che la distribuzione rappresenta un costo troppo alto rispetto ai sistemi propri del vettore (il proprio sito), basterebbe abbandonare un canale per l’altro.
Invece no… troppo semplice e troppo facile. Lufthansa – come altre compagnie in precedenza (seppure meno sfacciatamente…) vorrebbe tenere in piedi tutte le opzioni senza pagare dazio, anzi guadagnando il necessario per far fronte alla propria inettitudine. E usare questo termine parlando di una compagnia che ha saputo violare ogni norma di sicurezza arrivando ad essere l’unica responsabile del disastro della GermanWings è ancora poco, molto poco.
Resta il fatto che altre compagnie sono alla finestra a guardare ciò che accade prendendo le misure ai colleghi teutonici, ai GDS (dai quali non si leva neppure un fiato…), alla distribuzione e ai viaggiatori, ed è proprio a questi attenti spettatori che bisogna offrire lo spettacolo di una reazione forte e incisiva.
Come? Innanzitutto metabolizzando il concetto base della vicenda: Lufthansa combatte una sua battaglia di carattere economico contro i GDS, ma per farlo utilizza noi agenti di viaggio e i nostri clienti come una sorta di "scudo umano" destinato a ricevere i colpi provenienti da tutte le parti.
Quindi riducendo il più possibile le vendite di Lufthansa Group e azzerandole dove possibile, sempre comunicando in maniera precisa ai viaggiatori il motivo per cui si preferisce utilizzare altri vettori: maggiore sicurezza, in quanto una compagnia in difficoltà economiche non è in grado di assicurarla compiutamente (come i recenti accadimenti ci insegnano) e minori costi, in quanto altri vettori - per ora - non hanno ancora deciso di seguire le orme della grande Germania. Nel mentre, guardiamo con attenzione a quelle compagnie che, più o meno velatamente, stanno facendoci dei cenni di distensione... Ci sono, eccome se ci sono!
Poi – ma già si sta facendo – chiedendo un parere al Garante della Concorrenza e del Mercato in quanto la pressione esercitata da Lufthansa per far approdare agenzie e consumatori al proprio sito internet – senza spese – non è altro che il tentativo di privare il viaggiatore della neutralità espressa dai GDS e del confronto con le tariffe di altri vettori.
Infine, tornando a discutere dei fondamentali dei nostri rapporti con il trasporto aereo, ovvero dell’equa remunerazione che il contratto IATA ci dovrebbe garantire: è forse un’equa remunerazione la percentuale dello 0,1% sul valore della pura tratta di un biglietto? Possiamo considerare “equo” il centesimo che dovrebbe rappresentare la copertura dei nostri costi di servizio (inclusa l’indennità per il maneggio del denaro e il dovuto per l’esazione delle imposte…) e il nostro margine?
Secondo me, no. Assolutamente no. Per questo dobbiamo fare un passo indietro e recuperare coscienza di ciò che siamo e del valore che rappresentiamo per le compagnie aeree: il nostro peso nella vendita di biglietteria è elevatissimo, tanto da renderci oggi indispensabili per ogni vettore. Non ci vogliono pagare, ma non ci possono perdere. Pensiamoci.
E mentre ci pensiamo – insieme, come una sola realtà – iniziamo a fare quello che è nelle possibilità di ognuno di noi per dimostrare ciò che tutti noi sappiamo: se vogliamo mettere in croce un vettore, possiamo farlo.
Fulvio Avataneo