Tra pochi giorni voteremo un governo – qualunque esso sarà – che avrà il dovere di riprendere in mano le redini del Paese portandolo a recuperare occupazione, lavoro, possibilità di spesa, fiducia nel futuro. Che sia sinistra, destra o neo-centrismo, ciò che gli italiani vogliono è poter tornare non a banchettare ma a mangiare con ragionevole regolarità e a poter sperare in un futuro, soprattutto per le nuove generazioni.

Da parte nostra vogliamo dire che qualsiasi governo arrivi dovrà dimostrare di saper leggere nel modo più corretto il termine “Turismo” che, stranamente, non è sinonimo di vacanza ma di lavoro, di occupazione, di indotto, di PIL, di una serie incredibile di benefici per l’Italia che solo un perfetto idiota potrebbe ignorare.

L’Italia è stata per anni in pole-position nella graduatoria dei paesi più ambiti per le vacanze degli stranieri. Oggi siamo scesi in 5° posizione perdendo appeal a favore di altri paesi meno ricchi del nostro in quanto a patrimonio (l’Unesco ci assegna 47 siti, mentre la Francia ne conta solo 36 ma ci supera in quanto a gradimento…), e siamo in 15° posizione nella classifica del CBI (Country Brand Index), nonostante l’Italia sia considerata prima al mondo per le proprie ricchezze culturali e per la cucina.

La politica italiana è sempre stata ottusa nei confronti del turismo: città come Venezia, Firenze, Roma, non hanno bisogno di essere reclamizzate o sostenute, così come non hanno bisogno d’impegno le nostre Alpi, le nostre isole, i nostri mari: si vendono da soli. Bravi scemi, viene da dire… I nostri versanti alpini raccolgono solo il 5% degli sciatori che, oggi, scelgono le Alpi per le loro vacanze sulla neve, e il turismo religioso ci vede addirittura dietro la Francia nonostante San Pietro e San Giovanni Rotondo siano in casa nostra.

Nei prossimi anni il turismo mondiale crescerà: nel 1980 furono 280 milioni i viaggiatori che si lanciarono alla scoperta del mondo, e nel 2012 – in soli 32 anni – passarono a 1 miliardo e 35 milioni. Fate voi i conti… Si stima che nel 2020 i turisti saranno 2 miliardi, ma – di questo passo – è certo che l’Italia raccoglierà solo briciole.

Non c’è addetto del settore che non si interroghi sulle cure da portare al Turismo, malato cronico e in stato di peggioramento nonostante la politica lo consideri sano e privo di necessità. Abbiamo bisogno di un Ministero con portafoglio in grado di rendere al Turismo quella posizione che gli spetta e che gli consentirebbe di tramutare in PIL ciò che oggi è sottovalutato e per nulla valorizzato; abbiamo bisogno di un ENIT che sia in grado di portare un brand univoco in giro per il mondo e di collaborare fattivamente col Ministero per integrare le azioni delle regioni rendendole utili ad obiettivi comuni.

Il Turismo è accoglienza, cultura, movimento, ristorazione, storia, arte. Nel turismo sono impegnati albergatori, guide museali, agenti di viaggio, ristoratori, baristi, autisti, bagnini e chi più ne ha più ne metta, e in un Paese come il nostro il numero degli addetti ai vari comparti del settore potrebbe crescere fornendo un incredibile polmone di occupazione da sud a nord, da est a ovest.

Difficile che un qualsiasi ignorante si laurei in pochi giorni, così com’è difficile che chiunque venga eletto alla guida del Governo si prenda la briga di capire le mille e mille sfaccettature di un settore come il nostro; quello che però dobbiamo fare – insieme a chiunque altro vi operi – è pretendere che la politica si faccia carico di lavorare per fare ciò che va fatto. Ho scritto “pretendere” perché abbiamo già chiesto troppe volte senza mai essere considerati.

Nessuno schieramento, nessun partito pare avere le idee chiare, né – tantomeno – un programma adatto ad un settore che potrebbe essere un inestimabile patrimonio utile ad arricchire le casse dello Stato e il portafoglio di tanti italiani. Sarà bene si diano da fare, perché perdere questo treno vorrebbe dire retrocedere in serie C, se non peggio….