I bivacchi stile hippie anni ’70 visti sabato e domenica negli aeroporti grazie al casino all’italiana orchestrato da AZ, ENAC e WindJet (il perché dell'ordine lo capirete leggendo…) forse non le rivedremo in futuro, ma gli effetti del crak si sentiranno a lungo in quanto 300.000 pax (ENAC) non si smaltiscono in fretta. Ma tutto ciò, era proprio necessario?

Proviamo a fare un breve riassunto di questa vicenda che ha tanto dell’assurdo…

WindJet nasce nel 2003 a Catania da Antonino Pulvirenti, imprenditore nella GDO e presidente del Catania Calcio.  Il 18 giugno 2003 il primo Catania-Roma a bordo dell’unico A320; il mese dopo la flotta passa a 3 Airbus A320 e nuove tratte collegano la Sicilia a Roma, Milano, Forlì e Parigi.  Il primo milione di passeggeri viene raggiunto 11 mesi dopo il debutto. Nel 2006 WindJet conta 10 aeromobili e aumenta le tratte offrendo un Forlì-Mosca e aprendo al mercato della Romania; nello stesso anno trasporta 2.220.000 passeggeri e apre rotte su San Pietroburgo, Pisa e Verona. Nel 2011 apre la base di Rimini-Miramare, mentre la flotta è cresciuta raggiungendo il numero di 14 aeromobili, seppure non proprio “freschi”.

Un’attenta lettura dei bilanci lascia però vedere chiaramente il sopraggiungere della crisi, dovuta ad un forte indebitamento e ad una scarsa redditività: troppo forte la disparità di condizioni con le quali WindJet combatte colossi del calibro di Easy Jet e Ryan Air, quest’ultima ulteriormente avvantaggiata dal non pagare tasse in Italia ma nella più conveniente Irlanda e dal ricevere montagne di finanziamenti proprio dai tanti comuni italiani in cui i suoi aeromobili scaricano turisti. Insomma, la nostrana WindJet paga la concorrenza alimentata dall’Italia stessa.

A fine gennaio 2012 Alitalia fa sapere di essere interessata ad una fusione con WindJet e Blu Panorama, entrambe ormai col fiato cortissimo. Ad aprile – il giorno 13 – Alitalia firma per l’acquisizione della compagnia siciliana abbandonando al suo destino la lombarda Blu Panorama. Dopo neppure 15 giorni dalla firma del documento, la crisi di WindJet esplode con prepotenza quando viene diffusa la notizia della messa in mobilità dei 504 dipendenti. E’ l’ammissione di una situazione che solo l’accordo con Alitalia CAI può modificare.

Intanto la palla è passata alla Commissione Antitrust che, a luglio, si pronuncia dando l’ok all’acquisizione a condizione che Alitalia ceda alcuni slot da e per Milano Linate. Da questo momento inizia il tira e molla, con Alitalia che lamenta una probabile perdita di 20 milioni di euro per il primo anno e di 30 milioni per il secondo (2012 e 2013) dovuta alle condizioni impostegli dall’Antitrust e chiede a WindJet garanzie reali sui suoi debiti e WindJet che, a sua volta, prende tempo contestando queste richieste motivate – secondo l’a.d. Stefano Randuccio – dall’intenzione di Alitalia di far scendere il prezzo dell’operazione.

A forza di tirare e mollare, si arriva ai giorni nostri: l’accordo salta e l’ENAC – fino al 10 di agosto primo “partner” di WindJet – fa dietrofront tornando a ricoprire i panni dell’Ente di vigilanza e controllo e imponendo il blocco delle vendite. Non passano 12 ore e l’operatività di WindJet cessa, lasciando in circolazione 300.000 biglietti da onorare e creando una situazione disastrosa per i tanti tour operator che avevano basato le loro operazioni proprio sulla compagnia sicula.

Questa è storia, scritta nelle pagine dei libri sociali delle aziende, nei loro comunicati stampa, nelle mille dichiarazioni dell’uno o dell’altro. Una storia “benedetta” da Vito Riggio e dall’ENAC tutta. Ma siamo sicuri sia vera storia o non sia, piuttosto, una storiella?

Vediamo… A gennaio di quest’anno Alitalia comunica l’ipotesi di integrazione con WindJet e Blu Panorama, entrambe già in difficoltà e attente a recepire qualsiasi segnale d’interesse da parte di nuovi partner. La comunicazione, però, pare essere un azzardo, almeno leggendo i bilanci di Alitalia del 2010 (non avevamo ancora quelli del 2011…) che ascrivono allo stato patrimoniale una situazione debitoria pari a 1.500.295.879 euro quando il capitale sociale era 1.169.461.00, peraltro neppure del tutto “reale”.  Ma allora perché Alitalia, anziché convocare l’assemblea dei soci per ricostituire il capitale sociale (obbligatorio secondo il Codice Civile), si lancia in questa impresa peraltro potenzialmente assai onerosa e priva di senso?

Priva di senso in quanto WindJet avrebbe portato in dote una flotta composta da una quindicina di aerei totalmente in leasing, piuttosto vecchia, scompagnata (4 diversi tipi di aeromobili) e quindi dai costi gestionali altissimi, un marchio piuttosto radicato sul territorio ma di proprietà terza, che lo affitta alla compagnia, e alcuni slot, questi ultimi appetibili. E un sacco pieno di debiti.

Nulla, quindi, che rendesse ragionevole l’ipotesi di integrazione sbandierata da una parte come la cessione di eccellenza siciliana e, dall’altra, come la vera opportunità di andare a competere in casa delle vere low-cost. E queste, secondo il mio modestissimo parere, sono solo balle.

La realtà è che una compagnia indebitata, operante più per grazia che per reali possibilità (Vito Riggio ha dichiarato alla stampa che "... l’intero settore aereo è in enorme difficoltà, e che se dovessero volare solo le compagnie aeree che possiedono realmente i requisiti finanziari ritenuti essenziali, sarebbe un deserto…") ha lanciato l’esca della fusione ad un’altra compagnia altrettanto disgraziata, senza che vi fosse ragione e senza che vi fosse merito. Perché? Per rendere più ricco il piatto da servire ai partner d’oltralpe nel 2013, al momento in cui CAI potrà vendere le proprie quote?

Comunque sia, queste sono manovre finanziarie senza nessun fondamento di miglioramento del settore.  Ciò che non mi spiego – o al quale preferisco non dare spiegazioni... – è il comportamento dell’ENAC che, anziché agire nell’interesse dei passeggeri/consumatori e dell’intero mercato, è intervenuto nella vicenda assumendo le vesti di vero e proprio sponsor una volta di Alitalia – sostenendo un’ipotesi priva di basi concrete – e l’altra di WindJet, alla quale ha consentito di operare e vendere oltre 300.000 biglietti allo scoperto senza che la stessa possedesse i necessari requisiti.

Infine la goccia che ha fatto veramente traboccare il vaso:  far passare per “riprotezioni” le strategie commerciali immediatamente attuate da vettori più che mai necessitanti di ossigeno, ovvero di quella cassa liquida rappresentata dai soldi dei viaggiatori. Passeggeri imbarcati a costi decisamente elevati, gruppi organizzati da tour operator accettati solo in forma individuale, destinazioni abbandonate a loro stesse senza alcuna forma di “riprotezione”.  Bene, benissimo, un altro episodio che ci riporta alla nostra consueta italianità, la barzelletta più comune in tutto il mondo.

Compagnie che volano senza possedere i requisiti, altre che se ne fregano del rispetto delle norme civilistiche, Enti Governativi che anziché vigilare entrano a gamba tesa negli interessi della collettività, rapinatori mascherati da soccorritori. E poi qualcuno mi chiede cosa si prova ad essere un italiano che lavora nel turismo… Volete saperlo?  Mi pare di essere una blatta che cammina sul Baygon, ecco cosa si prova.