Chi si aspettava che il Ministero del Turismo ed il Governo realizzassero realmente quella tanto auspicata riforma capace di dare sostegno alle nostre imprese e di rendere attuabile la miriade di norme giurispudenziali che rendono la "coperta" dei turisti, degli agenti di viaggio e dei tour operator sempre troppo corta e troppo stretta, si è sbagliato.  Il nostro Paese ha perso un'altra occasione di trasformare in realtà quei pensieri di vicinanza che, troppo spesso, vengono spesi quando si parla di turismo, con questo dimenticando che l'Italia potrebbe vivere più facilmente grazie ad una buona politica in materia turistica piuttosto che con l'applicazione della cassa integrazione alla FIAT.  Il  D.L.CODICE DEL TURISMO , così nominato dal Ministro M.V.Brambilla, è improponibile, confuso, dannoso. Non accontenta il viaggiatore e neppure le imprese che, ogni giorno, lavorano ed investono per il loro bene ma, soprattutto, per il bene di un settore in cui credono.  Questo è il  D.L.CODICE DEL TURISMO e, più sotto, trovate il nostro commento.

 

Con riferimento al Decreto Legislativo recante «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo»,  nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, ai contratti di rivendita e di scambio» (limitatamente alle parti di competenza) (n. 327).

premesso che:

  • il Decreto Legislativo è stato presentato dal Ministro per il Turismo come il giusto strumento per riordinare ed armonizzare una situazione normativa complessa e frammentata, ponendo in atto una totale riforma del settore a miglior tutela del  turista ed allo scopo di  agevolare le imprese aumentando la competitività dell'offerta turistica italiana;
  • secondo l' Osservatorio Nazionale del Turismo, il nostro Paese conta un'impresa su dieci legata al turismo (390.000 in forma primaria e 174.000 in forma secondaria) con un totale di comparto ricco di circa 565.000 imprese e di oltre 3 milioni di lavoratori, tra diretti e indiretti;
  • lo schema del decreto non premia l’Italia - Paese che vanta una particolare vocazione turistica - e neppure i milioni di operatori che lavorano e investono, e che hanno saputo creare dal nulla e rendere fondamentale per la nostra economia un settore che produce tra il 10 e 11 per cento del PIL nazionale;
  • l'Italia è il Paese con più siti Unesco del mondo e può vantare 5.000 chilometri di costa balneabile, 68.000 chilometri quadrati di superficie forestale, 146 riserve naturali, 2.100 siti e monumenti archeologici, 20.000 rocche e castelli, 40.000 dimore storiche, 128 parchi tematici, 185 località termali. Luoghi meravigliosi, serviti da 33.411 alberghi, 2.374 campeggi e villaggi turistici, 11.525 aziende agrituristiche, 10.583 agenzie di viaggio, 95.000 posti barca in porti, 77.807 ristoranti, 390 aziende termali (fonte Censis);

considerato che:

  • il provvedimento è stato elaborato senza tenere in alcun conto i suggerimenti e le indicazioni provenienti dalle associazioni di categoria, dalle organizzazioni dei consumatori e dai sindacati, e senza il necessario confronto con le Regioni che hanno competenze esclusive in materia di turismo, come stabilito dal Titolo V della parte seconda della Costituzione;
  • è opportuno, infatti, evidenziare il parere negativo espresso dalle Regioni nel corso della  Conferenze Stato Regioni ed Unificata 18 novembre 2010   e considerare la medesima posizione da parte dalle associazioni di rappresentanza del settore turistico;
  • in particolare, le Regioni hanno rifiutato le imposizioni del Governo richiedendo un coordinamento nazionale per le politiche turistiche stante la necessità di lanciare, mediante una forte intesa tra Stato e Regioni, un grande piano strategico nazionale;
  • la materia turistica era fino a ieri regolata dalla  Legge 29 marzo 2001 n-135 ,  che il decreto abroga con le sole eccezioni dell’art. 1 comma 3, e dell’art. 6;
  • per quanto la   Legge 29 marzo 2001 n-135  necessitasse di modifiche, la stessa era stata adottata sulla base dell'intesa Stato - Regioni per le politiche nazionali in materia di turismo, e successivamente alla concertazione di tutte le categorie di settore più rappresentative a livello nazionale;
  • il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, durante l'adunanza del 13 gennaio 2011, ha suggerito consigliato al Governo di valutare se «…a fronte del parere sfavorevole delle Regioni, sia il caso di soprassedere all'opera di codificazione, che potrebbe essere foriera di un contenzioso costituzionale…» , riconoscendo, per contro, la legittimità di un intervento unitario dello Stato in materia di turismo;

rilevato che:

  • quanto stabilito all'art. 2, comma 1, L'intervento legislativo dello Stato nella materia del turismo è consentito quando il suo oggetto principale costituisce esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente.”  risulta totalmente superfluo in quanto ripropone un principio proveniente in maniera diretta dalla ripartizione delle competenze stabilite al Titolo V della parte seconda della Costituzione;  
  • quanto stabilito all'art. 2, comma 1 è inoltre improprio e inutile, poiché codifica i contenuti della giurisprudenza costituzionale stessa precisando che l'intervento legislativo dello Stato in materia di turismo è consentito quando il suo «oggetto principale» rappresenta l’esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente;
  • in quanto al riconoscimento da parte della Corte Costituzionale della reale sussistenza di un'esigenza unitaria legittimante l'intervento legislativo statale in materia di turismo, uguale appunto si muove anche al comma 2 dello stesso art. 2 dove vengono considerate altre ipotesi suscettibili dell’intervento legislativo dello Stato (vedi  valorizzazione, sviluppo e competitività a livello interno e internazionale, del settore turistico e riordino e unitarietà dell'offerta turistica);
  • il Decreto potrebbe, inoltre, presentare profili di illegittimità costituzionale per l’eccesso di delega attuata dal Governo nel settore turistico, spinta oltre i principi e i criteri direttivi espressi dall'art. 14, commi 14, 15 e 18 della  Legge 28 novembre 2005 n 246  e successive modificazioni, e dall'art. 20 della  Legge 15 marzo 1997 n-59  , che interviene in una materia che,  per via della riforma del Titolo V della Costituzione,  risulta competenza legislativa residuale delle Regioni e delle Province autonome;
  • il provvedimento reca, inoltre, la contestuale attuazione di due distinte deleghe legislative, la prima (di carattere generale) volta al riassetto dell’attuale legislazione e stabilita nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 14, commi 14, 15, 18 della  Legge 28 novembre 2005 n 246  , (cosiddetta «taglia-leggi»),  la seconda (di natura specifica) per l'attuazione - su delega conferita dalla Legge comunitaria 2009 - della  Direttiva 2008-122-CE del Parlamento Europeo  e del   Consiglio del 14 gennaio 2009, per la tutela dei consumatori in merito ad alcuni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti su prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio;
  • ci pare fuori luogo la decisione del Governo di attuare, mediante Decreto, due ben distinti testi normativi, soprattutto quando il Consiglio di Stato, dopo l’esame dell'Allegato 2, ha invitato il legislatore a stralciarlo «…per ragioni di ordine sistematico e di materia, oltre che di tecnica legislativa, affinché formino oggetto di un autonomo decreto legislativo, recante, appunto, modificazioni al codice del consumo…» ;
  • è quindi opportuno che il Governo prenda atto della confusione che si crea per colpa della decisione di attuare contemporaneamente, mediante l'introduzione di due allegati, due deleghe legislative diverse che si distinguono, oltre che per l'oggetto, per i principi e criteri direttivi, per il diverso termine di delega e per le diverse forme di approvazione dei decreti legislativi di rispettiva attuazione;
  • non si può condividere la decisione di trasferire una serie di norme dal  Codice del Consumo  al Decreto in oggetto, trattandosi di un corpus definito e coordinato di norme che non possono essere frantumate in altri provvedimenti;
  • abrogare la   Legge 1084 del 27 Dicembre 1972 - Conv. Int.le Bruxelles CCV  , di ratifica della Convenzione Internazionale sul Contratto di Viaggio (CCV), prevista dal combinato disposto degli articoli 3 e 34 dell'allegato I del Decreto, apre una grave lacuna legislativa in tema di disciplina dei contratti di viaggio e - in particolare - in materia di ripartizione delle rispettive responsabilità tra “venditore” e “organizzatore” del viaggio (agenzia di viaggio e tour operator), con la conseguenza di esporli entrambi ad una responsabilità illimitata;
  • al Titolo I, Capo I, l'articolo 3 dedicato al turismo accessibile è quanto mai vago e generico, come rilevato anche dal Consiglio di Stato, «… essendo stata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità già recepita, e non disponendo la norma in esame di alcun concreto precetto ad eccezione della promozione della fattiva collaborazione…» , in quanto dovrebbero essere garantiti validi e concreti strumenti di tutela dei diritti dei disabili nei casi in cui la Convenzione non sia rispettata, prevedendo altresì che le medesime tutele siano considerate anche a favore di soggetti temporaneamente afflitti da mobilità ridotta.  Il comma 3, inoltre, nel considerare quale “atto discriminatorio” qualsiasi non identificato motivo d’impedimento alla completa e autonoma fruizione dell’offerta turistica, pone le strutture ricettive in una situazione di responsabilità illimitata seppure non convenientemente precisata;
  • al Capo II, l'art. 4 definisce in maniera totalmente generica le “imprese turistiche” evitando di meglio specificarle e, quindi, impedendo l’avvio di una concreta politica settoriale indispensabile al sostegno, al rilancio e allo sviluppo dei prodotti che lo richiedono e vanificando la possibilità di destinare la già scarsa disponibilità delle risorse pubbliche alle imprese che più ne necessiterebbero;
  • rimangono quindi esclusi diversi servizi che, al contrario, avrebbero dovuto essere previsti proprio per il loro contributo al completamento del quadro del prodotto turistico nazionale e che vengono di fatto penalizzati per via della destinazione dei contributi alle sole imprese contemplate dal Decreto, solo parzialmente concorrenti alla formazione globale del prodotto turistico;
  • il Decreto, che pretenziosamente assume il titolo di «Codice del turismo», non chiarisce il principio per cui, pur disciplinando nel dettaglio precisi settori del turismo, non si riferisce con altrettanta chiarezza al «turismo balneare» e a tutte le imprese e le strutture turistico-ricreative che lo costituiscono;
  • gli stabilimenti balneari ricoprono un ruolo importante nel comparto turistico e, seppure reintrodotti nella definizione del comma 1 dell’art. 4 del Capo II, richiedono una disciplina chiara e precisa purtroppo assente in questo Decreto. Tale disciplina dovrebbe inoltre sostituire alla generica e vuota espressione «turismo del mare», così come definito dall’art. 22, comma 2, lettera b),  disposizioni chiare e puntuali in grado di consentire l’individuazione di regole, soggetti e contenuti, senza lasciare margini a fantasiose interpretazioni capaci solo di ingenerare incertezza e confusione;
  • è assente un richiamo preciso al settore della ristorazione e a quelli ad esso strettamente collegati, oltre ai settori dell'intrattenimento. Sarebbe stato opportuno definire un'esplicita disciplina di classificazione dei pubblici esercizi utile a fornire ai turisti una preventiva valutazione dei singoli segmenti d’offerta, premessa fondamentale per soddisfare le loro esigenze ed aspettative;
  • l'articolo 5 del Capo II, definito con la dizione «imprese turistiche senza scopo di lucro» , a differenza dell'attuale disciplina (articolo 7, comma 9 della  Legge 29 marzo 2001 n-135  e   Legge 1084 del 27 Dicembre 1972 - Conv. Int.le Bruxelles CCV ) che il Governo abroga, non prevede alcun obbligo, per le stesse, di uniformarsi a tutti gli oneri ai quali sono invece assoggettate le imprese turistiche – vedi agenzie di viaggio – in relazione agli obblighi assicurativi, ai requisiti professionali, alle garanzie fideiussorie nonché a tutti gli altri obblighi previsti;
  • ciò determina gravissime conseguenze quali, tra le tante, la violazione delle garanzie di sicurezza e della qualità del servizio poste a tutela del turista nonché la concorrenza sleale. Sotto questo profilo, infatti, la mancata definizione di questa tipologia di impresa e, comunque, il non contemplato obbligo di soggezione alle medesime regole e condizioni cui sono sottoposte le imprese turistiche quali, appunto, le agenzie di viaggio, consente alle associazioni che operano come imprese turistiche senza scopo di lucro di godere di tutti i benefici di cui all'articolo 4, comma 2 (agevolazioni, sovvenzioni, contributi, eccetera) nonché di operare con costi d’impresa diversi e ridotti ;
  • il Titolo II, Capo I, riguardante le professioni turistiche, le generalizza senza affrontare alcuna necessaria precisazione soffermandosi esclusivamente sulle guide turistiche, trascurando tutte le altre professioni, soprattutto considerando che l'articolo 3 del decreto sopprime l'intera  Legge 29 marzo 2001 n-135  e  quasi ignora la delega legislativa prevista dall'articolo 10 della legge comunitaria 2010 (atto Camera n. 4059), in discussione alla Camera dei deputati,  diretta al riordino della professione di guida turistica con particolare riferimento ai titoli e requisiti per il suo esercizio, con l'inevitabile rischio di generare un conflitto tra norme e confusione in sede di applicazione;
  • la legge comunitaria appare, infatti, la sede più opportuna per dettare una disciplina organica della professione di guida turistica, finalità che necessita di un provvedimento a sé stante nel quale siano affrontati tutti i molteplici aspetti che ineriscono alla professione in esame, considerando altresì che lo stesso Consiglio di Stato ha rilevato la superfluità di tali disposizioni in quanto potrebbero «essere fonte di equivoci»;
  • il decreto non reca traccia di politiche del lavoro e di misure a tutela delle risorse umane impegnate nel settore, se si esclude, all'articolo 7 del capo II, dedicato al mercato del lavoro, la disciplina dei percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo nel settore turistico di giovani diplomati e laureati;
  • tra i soggetti deputati alla realizzazione di tali percorsi non figurano le associazioni di categoria e gli operatori del settore che, invece, potrebbero dare un contributo fondamentale in termini di know how e di conoscenza pratica e diretta del mercato;
  • la classificazione e le definizioni delle strutture ricettive – Titolo III, Capo I, artt. 8  e 9 - in tema di mercato del turismo, generano confusione e incertezza interpretativa, nonché problemi anche in termini di elusione fiscale e di concorrenza sleale, laddove è prevista una nuova categoria di struttura ricettiva denominata «paralberghiera» , mai disciplinata in Italia e non contemplata in nessun altro Paese europeo;
  • la mancanza di una precisa definizione non consente di individuare tale fattispecie e di fissare criteri di demarcazione tra l'una e l'altra categoria, sovrapponendosi inoltre all'attuale definizione di struttura «extralberghiera»;
  • nella suddetta classificazione figura anche la specifica tipologia del «B&B organizzato in forma imprenditoriale», che non viene definita in modo preciso, omissione che non consente l'individuazione precisa di tale ambito,  come accade peraltro per la classificazione inerente le «case per ferie» e le «foresterie per turisti» citate al Capo II, art. 12 lettere c) e l);
  • al Titolo III, Capo I, quanto alle «Strutture ricettive ed altre forme di ricettività», l'articolo 3, in attuazione della disciplina recata dagli articoli 6 e 7 del   Decreto Presidenza Consiglio Ministri 21 ottobre2008 su Buoni Vacanza , istituisce un sistema di rating su base nazionale, associabile alle stelle, per la misurazione della qualità dei servizi che viene tuttavia lasciato alla buona volontà degli imprenditori senza peraltro prevedere alcun incentivo alle imprese per avviare concretamente il sistema che dovrebbe consentire al turista una maggiore consapevolezza nell'operare scelte adeguate alle proprie esigenze e alle proprie disponibilità economiche;
  • proprio allo scopo di realizzare una effettiva semplificazione, per le attività ricettive si poteva cogliere l'occasione di introdurre la previsione di un'unica licenza comprendente la somministrazione di alimenti e bevande e la fornitura di altri servizi connessi all'attività principale;
  • al Titolo III, Capo III gli articoli 16 e 17 richiamano la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all'articolo 19 della  Legge 7 agosto 1990 n-241 modificata 2   e lo Sportello unico per le attività produttive, di cui all'articolo 38 del  Decreto Legge 25 giugno 2008 n-112 , che intervenendo senza disciplinare espressamente le fattispecie concernenti aspetti specifici e peculiari della segnalazione di inizio attività in ambito turistico, ingenera ulteriore confusione;
  • sull'articolo 16, il Consiglio di Stato ha mosso, peraltro, numerosi rilievi, ritenendo in particolare che tale articolo possa creare un modello ulteriore e specifico di SCIA in materia di strutture turistico ricettive che non appare completamente in linea con la disciplina contenuta nell'articolo 19 della  Legge 7 agosto 1990 n-241 modificata 2  e che, sovrapponendosi ad esso, finisca per contrastare le finalità di semplificazione normativa;
  • al titolo IV, Capo I, l'articolo 19 prevede per le agenzie di viaggio e turismo un generico «obbligo di assicurazione» determinando, ancora una volta, incertezza e confusione per l'impossibilità di individuare precisi criteri giuridici che definiscano, in concreto, tale obbligo, essendo all'uopo insufficiente l'aggettivo «congrue» , unico riferimento normativo reperibile nel corpo della disposizione, peraltro giuridicamente indeterminabile e astratto;
  • al Titolo V, Capo I, l'articolo 22 prevede la realizzazione, a sostegno dell'immagine turistica dell'Italia, di circuiti nazionali di eccellenza che corrispondono a contesti turistici omogenei, e di itinerari tematici, entrambi da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con vari Ministeri e d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, misura già contemplata anche dall'articolo 1,   comma 1228, della   legge n. 296 del 2006, modificata dall'articolo 18 della legge n. 69 del 2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sovrapponendo altresì tale norma a quella relativa ai sistemi turistici locali previsti dalla  Legge 29 marzo 2001 n-135;
  • al Capo III, l'articolo 27, che riguarda il turismo sociale e, in particolare, i cosiddetti «buoni-vacanza», da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale, perde un'ottima occasione per migliorare ed estendere l'attuale farraginosa normativa che agevola soltanto una piccola parte dei potenziali aventi diritto;
  • al Titolo IV, Capo I, gli articoli 32 e seguenti che riformano la disciplina in materia di pacchetti turistici (articoli 82 e seguenti del  Codice del Consumo ) appaiono svuotati di un concreto significato, considerato che in ambito europeo sta per essere approvata una nuova direttiva in materia, che andrà a sostituire la disciplina di cui alla  DIRETTIVA 314_90_CE ;
  • al medesimo Capo, l'articolo 43, in riferimento alla nozione di inesatto adempimento, rispetto al testo vigente dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 206 del 2005, recante il  Codice del Consumo , non contiene l'esplicita esclusione della responsabilità nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al venditore;
  • all'articolo 47 si prevede la risarcibilità del «danno da vacanza rovinata» che rischia, anche secondo il Consiglio di Stato, di essere foriera di contenziosi in quanto «il riferimento alla serietà dell'offesa costituisce un filtro selettivo atto a bilanciare la posizione del danneggiante e quella del danneggiato, posto che l'offesa minima - in un giudizio di accertamento in concreto dell'inviolabilità dell'interesse - appare di per sé inidonea a superare il limite della tollerabilità civile»;
  • l'articolo 51 ripropone il Fondo Nazionale di Garanzia senza apportarvi alcuna modifica, previsto a garanzia del consumatore per rimborsarlo delle somme versate per l'acquisto di pacchetti turistici non fruiti a causa di insolvenza o fallimento dell'operatore o dell'agenzia di viaggio, o per assisterlo nel caso di rientro forzato da paesi esteri in occasione di emergenze imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore;  il Fondo ha già evidenziato le proprie criticità in più occasioni ed il mantenimento dei medesimi meccanismi di alimentazione totalmente affidati alle quote percentuali dei premi assicurativi pagati dagli operatori turistici e dagli agenti di viaggio equivale a mantenerlo inefficace. Il Codice avrebbe dovuto perlomeno normare le modalità straordinarie alle quali si è fatto ricorso per garantire il pagamento di una seppure minima parte dei rimborsi resisi necessari.
  • l’art. 50, comma 1, prevede la stipula di «polizze assicurative» da parte degli operatori turistici e degli agenti di viaggio sia per la responsabilità civile a favore del turista per il risarcimento dei danni previsti agli artt. 44 (danni alla persona) e 45 (danni diversi da quelli alla persona) con una riconduzione a quanto già previsto dalla   Legge 1084 del 27 Dicembre 1972 - Conv. Int.le Bruxelles CCV  di esecuzione della Convenzione Internazionale sul contratto di viaggio (CCV) che,  però, viene totalmente abrogata;
  • l’art. 50, comma 2, prevede che gli operatori turistici e gli agenti di viaggiopossano” essere assistiti da polizze assicurative in grado di garantire il rientro del turista in caso di emergenze imputabili o meno al loro comportamento, e che assicurino anche assistenza di tipo economico. Inoltre tali polizze “potrebbero” ugualmente garantire il rimborso del prezzo versato per l’acquisto del pacchetto turistico nei casi di insolvenza o fallimento dell’organizzatore o dell’intermediario: è innanzitutto opportuno precisare che tali polizze non sono attualmente disponibili sul mercato assicurativo e difficilmente lo saranno in seguito, non essendo intenzione delle compagnie assicuratrici garantire un simile rischio. Inoltre, la stipula di dette polizze – quando anche risultasse possibile stipularle – renderebbe inutile il mantenimento del Fondo Nazionale di Garanzia avente le stesse finalità;
  • In ogni caso, l’assenza di una precisa norma transitoria sulla questione delle «polizze assicurative» ha, come esito immediato, la mancata tutela di coloro ai quali dovrebbe essere riconosciuto il diritto al risarcimento;
  • inoltre, l'allegato II allo schema di decreto in esame, in tema di «contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio», ha arbitrariamente sottratto la regolamentazione di tali fattispecie alla disciplina del Codice del consumo, sollevando forti perplessità sia sotto il profilo costituzionale che di opportunità;
  • al Titolo VII, Capo I, l'articolo 57, che individua nell'ENIT (Ente Nazionale Italiano del Turismo), quale Agenzia nazionale del turismo, l'organo deputato a promuovere l'Italia all'estero, in termini di offerta turistica, non definisce in concreto quali siano le sue funzioni, che avrebbero dovuto trovare una ben approfondita regolamentazione; sarebbe stato, al contrario, opportuno attuare un'adeguata riforma dell'Ente con la previsione dell’impegno delle risorse indispensabili a rendere efficace ed efficiente l'attività di promozione del turismo nazionale all'estero, soprattutto considerando i tagli operati dal Governo con la legge di stabilità per il 2011 e la conseguente chiusura di un'importante serie di delegazioni all'estero;      
  • l'articolo 58, che istituisce il Comitato permanente di promozione del turismo in Italia, non specifica quali soggetti pubblici e privati del sistema turistico faranno parte del medesimo;
  • all'articolo 68, in relazione all'istituzione dello sportello del turista, è inopportunamente prevista la gestione centralizzata di istanze, di richieste e di reclami nei confronti di imprese ed operatori turistici, foriera di eccessive lungaggini burocratiche e disagi per gli utenti;

preso atto che:

  • il Decreto non rappresenta alcuna strategia nazionale di sviluppo, crescita e sostegno del settore del turismo;
  • non c'è traccia di una politica fiscale che riallinei l'I.V.A. del comparto turistico a quella dei Paesi europei più direttamente nostri concorrenti;
  • non c'è traccia dei temi che il Ministero del Turismo dovrebbe affrontare in concerto con  il Governo per far crescere il turismo, soprattutto nel settore delle infrastrutture per rendere l'Italia più facilmente accessibile, attraverso accordi e convenzioni con linee aeree, aeroporti, trasporti ferroviari e metropolitani ed autostrade, volti alla promozione delle più idonee politiche di accoglienza per i turisti;
  • il Decreto non propone incentivi e sgravi fiscali per gli operatori del turismo intenzionati ad investire nelle proprie attività, non risolve i problemi strutturali del turismo, non avanza proposte volte al rinnovamento, al sostegno, alla riqualificazione ed al rilancio di un settore che ne ha il massimo bisogno per confrontarsi con le sfide che la globalizzazione dei mercati impongono;
  • il Governo, con questo Decreto, non traccia alcuna linea politica in materia di turismo limitandosi a riassumere alcune discipline di carattere tecnico recuperate in parte dalla  Legge 29 marzo 2001 n-135 , in parte dal  Codice del Consumo, e definendo una normativa confusa e non condivisibile né dalle altre forze politiche né dalle rappresentanze di categoria che lo contestano in molti punti;
  • il Decreto è privo di quelle disposizioni – in linea con l'indirizzo europeo teso ad assicurare la componente ambientale in ogni iniziativa cofinanziata – volte allo sviluppo sostenibile del turismo ed al rispetto dell'ambiente;
  • il Decreto presenta forti profili d'incostituzionalità, crea zone di profondo buio legislativo o, al contrario, genera innovazioni legislative non debitamente sostenute da opportuno supporto normativo, né coordinate con altre disposizioni attualmente in vigore.

Per tutto quanto sopra valutato, l’Associazione AUTOTUTELA si dichiara sostanzialmente contraria al Decreto “Codice del Turismo” e contesta l’operato del Ministero del Turismo e del Governo per aver nuovamente disatteso le aspettative e le necessità del settore del turismo, evitando di apportare quelle necessarie modifiche ed innovazioni necessarie ad una concreta competizione e rendendo ancora più complesso e confuso un impianto legislativo che, al contrario, necessitava di reale semplificazione per la tutela delle imprese e dei consumatori.