Un cratere ampio 200 milioni di euro, e perdite cumulate per oltre 100 milioni. Il tutto senza un solo euro di patrimonio netto. Ecco l’impietosa frase che stila il certificato di fallimento per I VIAGGI DEL VENTAGLIO, ex colosso del turismo che per 34 anni ha portato milioni di italiani sulle più belle spiagge del mondo, nei suoi villaggi ritenuti “i migliori”. Un colosso, oggi, dichiarato fallito.

Scompare, così, un altro pezzo della nostra storia turistica, con il vecchio leone Bruno Colombo chiamato a chiarire i retroscena di quello che si annuncia come un crack dalle proporzioni e conseguenze enormi. Il Tribunale di Milano dovrà infatti verificare se sussistano gli elementi per chiedere l’imputazione degli amministratori per bancarotta fraudolenta, ipotesi che – allo stato attuale – nessuno si sente di scartare.

Il fallimento de I Viaggi del Ventaglio porta con se, oltre all’incubo delle revocatorie che metterebbero in discussione tutti i pagamenti effettuati nel corso degli ultimi due anni, anche il dubbio sulla sorte dei tanti marchi importanti già patrimonio del gruppo quali Columbus, Best Tours e Ventaclub, questi già oggetto di procedure separate ma potenzialmente trascinabili all’interno del fallimento dichiarato ieri.

Il PM Luigi Orsi, che ha avanzato la richiesta accolta del Giudice, ha visto così soddisfatte le aspettative di chi vedeva impossibile il realizzarsi di altre ipotesi e soprattutto dell’ultima, del tentativo di salvataggio operato dai liquidatori pilotati da Franco Tatò. Un tentativo che non ha fatto altro che ritardare l’inevitabile per un anno circa peggiorando, addirittura, lo stato dei conti.

Ora sono a rischio tutti i pacchetti viaggio venduti ai clienti, tanti in procinto di partire, e tramontano definitivamente le speranze dei soci di Vacanze nel Mondo di recuperare parte dei quattrini spesi. Questi erano stati tra i primi a mobilitarsi quando i loro voucher avevano iniziato ad essere respinti dalle agenzie di viaggio, consapevoli che IVV era un malato terminale al quale qualcuno avrebbe, prima o poi, staccato la spina.

Ora vi sono numerose Asso Consumo che si preparano ad avviare inutili class action nei confronti della società fallita: inutili in quanto ciò che risultava vendibile, come i tanti villaggi turistici sparsi per il mondo e la compagnia aerea Livingston, era già stato ceduto nel corso del tempo, nel tentativo di salvare il gruppo. Inutile quindi sperare che le azioni legali portino a risultati positivi: il curatore dovrà innanzitutto far chiarezza su anni di cattiva gestione, sul mistero dei derivati del quale tutti sanno ma nessuno parla, sulle procedure alquanto dubbie del tentativo di ammissione al concordato respinto all’inizio di luglio dal commissario Giudiziale Giuseppe Verna.

Il settore del turismo viene quindi colpito dall’ennesima legnata che giunge in un momento in cui le vendite (a maggio 2010 circa – 8% rispetto allo stesso mese del 2009) denotano uno stato di sofferenza delle tasche dei cittadini ed una tendenza al risparmio da effettuarsi soprattutto su quella che, tra le c.d. necessità, risulta essere la meno pressante.

E si aggiunge un altro chiodo – pesantissimo – alla cassa di legno già contenente i miseri resti di Teorema, Todomondo, Rallo (ovviamente parliamo della vecchia gestione...), Eurotravel, ecc. ecc.: il Fondo di Garanzia.

Ci chiediamo infatti se non sia giunto il momento, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per il Ministro del Turismo, di considerare questo elemento di Legge nato per dare tutele e diventato una vera e propria presa per i fondelli.  Il Fondo di Garanzia, così com’è, non ha ragione di esistere. Necessita di modifiche strutturali che devono per forza passare da un principio di base: la filiera del turismo è lunga e vede numerosi attori che, alla fin fine, partecipano agli utili ma non mettono mano al portafoglio. Il fondo è infatti alimentato solo da operatori turistici e agenzie di viaggio ma non dai vettori aerei – che neppure dispongono di un fondo proprio in grado di far fronte ai sempre numerosi fallimenti di quel preciso comparto – dai vettori marittimi o su gomma, dagli esercizi alberghieri e ricettivi in generale e dalle mille altre società di servizi che rientrano, a pieno diritto, tra gli operatori del turismo.

E’ necessario che tutte le categorie si facciano portatrici d’acqua a quel bacino che dovrebbe, nelle aspettative, dar sollievo ai viaggiatori vittime di queste situazioni. In caso contrario, ovvero quando si volesse continuare a considerare solo le prime due categorie, si andrebbe incontro ad un’azione del Governo che non potrebbe far altro che alimentare il fondo con stanziamenti straordinari anche se non previsti. Il tutto con buona pace delle tasse dei cittadini, pagate per ottenere una miglior qualità di vita e, forse, destinate in parte a ripagare vacanze non godute. Amen.